PROGETTO PREVIENI

Studio in aree pilota sui riflessi ambientali e sanitari di alcuni
contaminanti chimici emergenti (interferenti endocrini): ambiente di
vita, esiti riproduttivi e ripercussioni nell’età evolutiva

 

 

Responsabile Scientifico del progetto
Alberto Mantovani,
Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare
Istituto Superiore di Sanità,
viale Regina Elena, 299 – 00161
tel. 06 4990 2815-2658 
fax 06 4990 2658 
alberto.mantovani@iss.it
area tematica web "Interferenti Endocrini" http://www.iss.it/inte/
area tematica web "Progetto PREVIENI" http://www.iss.it/prvn/

 

Unità operative:

  • Istituto Superiore di Sanità (ISS) - Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare - Reparto di Tossicologia Alimentare e Veterinaria
    Responsabile Prof. Alberto Mantovani, Dirigente di ricerca, (UO 1)Cinzia La Rocca, Coordinatore attività UO UO: Sabrina Tait, Bruno Bergamasco, Laura Stecca, Francesca Baldi, Chiara Frazzoli, Gabriele Moracci, Stefano Lorenzetti
  • Università degli Studi di Roma La Sapienza, II Facoltà di Medicina e Chirurgia e Azienda Ospedaliera S.Andrea (USSAN), Dipartimento Salute della Donna e Medicina del Territorio
    responsabili: Prof. Massimo Moscarini direttore del Dip.; Prof. Donatella Caserta, Professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia (UO 2) Donatella Caserta, Coordinatore attività UO
    UO: Francesca Ciardo, Giulia Bordi
  • Università degli Studi di Siena (UNISI), Dipartimento di Scienze Ambientali
    responsabile: Prof. Silvano Focardi, Rettore Università degli Studi di Siena (UO 3)
    Cristiana Guerranti, Coordinatore attività UO
    UO: Guido Perra, Emiliano Fanello, Michela Mariottini, Davide Baroni, Nicoletta Borghesi, Costanza Burroni,
    Ilaria Corsi, Camilla Della Torre, Valerio Volpi, Francesca Borghini.

 

Il progetto PREVIENI è uno studio integrato sulla valutazione del rischio (esposizione ed effetti) di contaminanti emergenti negli ecosistemi e nella popolazione umana promosso e finanziato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e con il sostegno di World Wildlife Fund (WWF) Italia.

PREVIENI si è focalizzato sugli interferenti endocrini, contaminanti in grado di alterare gli equilibri ormonali, segnalati come prioritari da organismi nazionali e internazionali, e soprattutto nell’ambito del programma REACH. In particolare PREVIENI ha dato priorità a quegli IEdi cui è nota la diffusa esposizione, anche per l’uso tuttora diffuso in numerosi prodotti di consumo, ed i potenziali effetti sulla salute riproduttiva, ma che non sono ancora compresi nei programmi di controllo dell’ambiente e degli alimenti e sui quali (soprattutto in Italia) le conoscenze sulla reale esposizione umana sono lacunose. Pertanto, PREVIENI ha dato particolare –anche se non esclusiva- attenzione a:
- perfluorottano sulfonato e acido perfluoroottanoico (PFOS e PFOA)
- di-2-etilesilftalato (DEHP) ed l suo metabolita attivo mono-2-etilesilftalato (MEHP)
- bisfenolo A (BPA)

Lo studio PREVIENI si è posto, a partire dal piano di lavoro, come un modello innovativo

a) comparare, utilizzando gli stessi parametri, popolazioni di aree rappresentative di scenari espositivi differenti,
b) integrare biomarcatori di esposizione e di effetto, nonché, negli studi sulla popolazione umana, una dettagliata valutazione clinica
c) fornire elementi conoscitivi per aggiornare l’analisi (valutazione/gestione/comunicazione) del rischio da IE per l’ambiente e la la salute riproduttiva.

 

Lo studio si è articolato in 3 programmi di ricerca:

1. Studio su popolazioni animali sentinella in due oasi del WWF;
2. Studio sull’infertilità umana;
3. Studio satellite sull’esposizione transgenerazionale (trasferimento madre-neonato)

 

1. Studio su popolazioni di animali sentinella

Lo studio ha comparato due oasi del WWF (la Riserva Naturale Regionale Sorgenti del Pescara e l’Oasi di Protezione della Fauna della Diga di Alanno), situate, rispettivamente, a monte e a valle del sito industriale chimico di Bussi sul Tirino.

Per la valutazione dello stato di contaminazione della fauna locale, sono state scelte 4 specie animali rappresentativi di habitat diversi: lombrico (Lumbricus terrestris), barbo (Barbus tyberinus), trota (Salmo trutta), folaga (Fulica atra). A causa delle inevitabili differenze fra le caratteristiche ambientali delle due Oasi, i due campionamenti non potevano essere completamente omogenei: lo studio ha tuttavia permesso di selezionare il fegato di barbo ed il lombrico quali matrici rappresentative, rispettivamente, dell’ecosistema "corpo idrico" e dell’ecosistema "suolo" nelle due aree: pertanto i quadri che emergono dai due campionamenti sono confrontabili e permettono di caratterizzare eventuali differenze nella esposizione ambientale. Con l’intento di avere una valutazione il più dettagliata possibile dell’impatto sugli ecosistemi, il programma di studio (1) è quello che ha considerato il maggior numero di sostanze: pertanto le sostanze analizzate hanno compreso PFOS e PFOA, DEHP e MEHP, BPA, p-nonilfenolo, polibromodifenileteri (PBDE, ritardanti di fiamma capaci di bioaccumulo, 13 congeneri), idrocarburi policiclici aromatici (IPA, 16 composti), idrocarburi policiclici aromatici, 16 composti), nonché alcuni contaminati ben noti, certamente non emergenti, policlorobifenili (8 congeneri) ed elementi in traccia tossici (As, Cd, Hg, Pb).

I biormarker di effetto sono stati pure selezionati con l’obiettivo di dare un quadro complessivo: attività enzimatiche dei processi di detossificazione (in particolare EROD, altamente modulabile da composti diossina-simili, IPA inclusi), acetilcolinesterasi (insetticidi organofosforici e carbammati) e i micronuclei (presenza di composti in grado di danneggiare il DNA: IPA, elementi in traccia).

Le analisi effettuate hanno evidenziato valori modesti di concentrazione dei contaminanti ricercati in tutti gli organismi selezionati: data la scarsità di valori di riferimento consolidati, il confronto con i dati di letteratura non ha rivelato "alti" valori di esposizione. Tuttuavia alcuni dati vanno segnalati, perché marcano evidenti differenze fra le due aree.

Nell’area della diga di Alanno (ove erano attesi valori di contaminazione più alti) si sono segnalate concentrazioni maggiori di MEHP, di quattro congeneri di PBDE (soprattutto il 47), di Hg e Pb nel fegato di barbo, e di IPA (sommatoria dei 16 composti) nei campioni di barbo e di lombrico. Al momento della redazione del presente rapporto per quanto di nostra conoscenza, i livelli di accumulo di MEHP osservati nello studio PREVIENI sono un dato inedito a livello internazionale. Il dato sui PBDE, che accumulano nel grasso e nel tessuto epatico, conferma quanto riportato dalla letteratura. Il dato sugli IPA risulta di potenziale rilievo in quanto derivato da specie diverse per capacità metabolica, per posizione nella catena trofica e per habitat. Per quanto riguarda Hg e Pb, è plausibile la presenza di valori più elevati nei barbi provenienti dalla Diga di Alanno, ubicata a valle di aree contaminate da pregresse attività chimico-industriali.

Nel complesso il quadro fornisce segnali di attenzione verso contaminanti per i quali tuttora non esistono controlli sistematici, ma non di allerta per un possibile rischio. Infatti, dal confronto con i dati di letteratura riferiti ai tessuti delle stesse specie, o di specie con simili nicchie trofiche, le concentrazioni osservate non evidenziano segni di esposizione di rilevanza ecotossicologica. Inoltre, i biomarcatori di effetto non mostravano differenze fra le due aree, con l’eccezione di EROD, più elevato nell’area Diga di Alanno: questo dato potrebbe essere plausibilmente associato con la maggiore esposizione a IPA.

I risultati di PREVIENI danno complessivamente un panorama tale da ritenere in salute l’ambiente naturale rappresentato dalle aree protette; è raccomandabile, tuttavia, un’attenzione più sistematica verso alcuni IE emergenti, in primo luogo gli IPA ed anche MEHP e PBDE. I livelli di IE e i relativi biomarcatori misurati da PREVIENI negli organismi sentinella rappresentano valori associabili ad uno stato di background espositivo, offrendo un contributo inedito alla valutazione di valori di riferimento.


2. Studio sull’infertilità umana

Lo studio si è basato sull’approccio caso-controllo, allo scopo di ottenere dati utilizzabili per la valutazione del rischio con costi e tempi compatibili con il piano di lavoro del progetto.

Lo studio si è articolato su tre aree pilota esemplificative di differenti scenari di esposizione umana: Roma, area metropolitana ad elevata esposizione da inquinanti urbani e contaminanti alimentari da alimenti importati a livello globale; Comune di Ferrara, realtà considerata a rischio medio-basso e Basso Lazio (Sora), area ad attività agricola intensiva.

Sono state selezionate e reclutate nel periodo dicembre 2008 dicembre 2011 53 coppie infertili nell’area di Roma, 50 coppie infertili nell’area di Ferrara e 43 coppie infertili nell’area di Sora- Basso Lazio con i seguenti criteri d’inclusione: età compresa tra i 18 e i 40 anni, problemi riproduttivi associabili agli IE (sterilità sine causa, poliabortività, endometriosi, policistosi ovarica, oligoastenospermia da causa non genetica); sono state escluse le coppie con donna o uomo affetti da patologie infiammatorie o comunque non associabili a cause endocrine.
Le caratteristiche dei casi (età media 35-36 anni per le donne, 34-37 anni per gli uomini, presenza delle diverse patologie) erano comparabili fra le tre aree. Per ogni coppia sono stati effettuati una dettagliata anamnesi fisiologica e patologica ed un esame clinico e biochimico-clinico completo; previa firma di un apposito consenso informato è stato prelevato ad entrambi i partner un campione di sangue venoso. I controlli sono stati rappresentati da 10 coppie fertili nell’area di Roma e 10 coppie fertili nell’area di Ferrara: in tutte queste coppie, le donne avevano concepito spontaneamente con parto entro 12 mesi e che avevano smesso di allattare entro i sei mesi precedenti.

Nei campioni ematici sono stati contemporaneamente determinati i livelli di biomarcatori di esposizione e biomarcatori di dose efficace. Gli IE emergenti considerati da PREVIENI quali biomarcatori di esposizione interna sono stati PFOS, PFOA, DEHP/MEHP e BPA.

I biomarcatori di dose efficave sono stati rappresentati dall’espressione nei leucociti ematici di un pannello di recettori nucleari, selezionato in relazione ai possibili meccanismi degli IE indagati, sulla base dei dati di letteratura: recettori estrogeni (ERa, ERß), androgeno (AR), proliferatore dei perossisomi-gamma (PPAR?), arilico (AhR) e pregnano X (PXR).

Anche nello studio sull’infertilità umana, i livelli di IE emergenti misurati da PREVIENI negli individui fertili rappresentano valori di riferimento di esposizione per la popolazione generale in relazione all’area geografica. I dati di esposizione riscontrati nella popolazione infertile rivelano l’influenza dell’ambiente di vita.
Il grande centro urbano (Roma) mostra un’esposizione diffusa a IE, in particolare a PFOS, MEHP e BPA, con livelli nella popolazione adulta generalmente più elevati che nelle altre aree, con una differenza di genere (esposizione maggiore nella donna che nell’uomo): soprattutto, l’area di Roma mostra una chiara correlazione fra esposizione ed infertilità, in quanto i livelli di BPA (donne) e PFOS (uomini) erano significativamente maggiori che nei controlli fertili. Particolarmente a Roma, la esposizione a PFOS si conferma "a chiazze" con la compresenza di soggetti con livelli molto alti (anche in rapporto alla letteratura) e con livelli al di sotto della rivelabilità analitica nello stesso gruppo.

Le donne infertili di Roma erano anche il gruppo con maggiori spostamenti dei biomarker di dose efficace: si osservava un aumento significativo di espressione di cinque recettori nucleari su sei considerati (ERa, ERß, AR, AhR e PXR). Negli uomini infertili del gruppo di Roma solo AhR mostrava un significativo aumento di espressione.

Il quadro era completamente diverso per i gruppi di Ferrara e Basso Lazio, ove non si osservavano significative differenze nei livelli di esposizione con i soggetti fertili e l’espressione dei recettori nucleari mostrava solo sporadiche differenze. Tuttavia, l’esposizione a PFOA, insignificante a Roma, era piuttosto elevata sia a Ferrara sia a Sora, pur senza differenze significative fra soggetti fertili ed infertili. Sostanzialmente i gruppi di Ferrara e Basso Lazio erano fra loro comparabili, evidenziando, a parte le ovvie differenze geografiche, un contesto di vita piuttosto simili nelle due realtà.

Complessivamente i dati mostrano che la popolazione infertile del grande centro urbano (soprattutto di sesso femminile) ha livelli di esposizione maggiori dei soggetti fertili di Roma e dei soggetti (fertili ed infertili) di altre aree; inoltre, tale incremento di esposizione è associato ad un incremento di espressione di recettori nucleari bersaglio dell’azione di IE, e che tale incremento è soprattutto evidente nelle donne, che sono anche il gruppo più esposto, soprattutto al BPA.

Un’attenzione specifica è stata data ad alcune patologie di interesse sociale determinanti uno stato d’infertilità della donna, quali endometriosi e infertilità sine causa. I dati di PREVIENI mostrano un’associazione significativa fra livelli di PFOS ed endometriosi e fra BPA e infertilità sine causa, indicando il coinvolgimento di specifici effetti avversi riproduttivi nella caratterizzazione del rischio degli IE principali.

Per una accurata valutazione del rischio, PREVIENI ha preso in esame il ruolo di fattori modulanti quali età e indicatori di stili di vita (fumo e peso corporeo).

L’età è un parametro che nelle donne infertili con più di 35 anni risulta essere associata di per sé ad uno spostamento della modulazione dell’espressione genica. Interessante è la significativa e positiva associazione fra PFOS (un IE capace di bioaccumulo) ed età nei soggetti infertili di Ferrara.

Il fumo è associato in maniera indipendente allo stato di salute e al genere, infatti negli uomini affetti da infertilità esso è correlato alla modulazione di espressione di alcuni recettori nucleari, ma non alla concentrazione di IE.

L’indice di massa corporea (body mass index, BMI), che permette di identificare i soggetti con peso al di fuori dalla norma (soprappeso e obesi), risulta essere associato alla presenza di PFOA, nelle donne del Basso Lazio e alla modulazione di recettori implicati nella sintesi lipidica (PPAR e AhR) negli uomini di Roma e di Ferrara.

Per contro il BMI non è associato all’esposizione agli IE oggetto dello studio; il dato è in accordo con le evidenze scientifiche secondo cui il tessuto adiposo non è un sito di bioaccumulo determinante per queste sostanze.

In sintesi, i dati di PREVIENI suggeriscono che i fattori associati allo stile di vita e l’esposizione ambientale a IE rappresentino fattori di rischio indipendenti per la salute riproduttiva umana.


3. Studio satellite sull’esposizione transgenerazionale

Lo studio sul trasferimento madre-neonato di IE ha visto la selezione di 10 coppie madre-bambino nell’area di Roma per la determinazione degli stessi IE previsti nello studio sull’infertilità (PFOS, PFOA, DEHP/MEHP e BPA), integrati da altri IE di minore rilievo tossicologico, ma potenzialmente significativi per la salute della gnerazione a venire: muschi sintetici (musk xylene, galaxolide, tonalide, musk ketone) e p-nonilfenolo). Le matrici considerate sono sangue materno, sangue di cordone, latte e meconio. Il pannello di biomarcatori di dose efficace, valutato nel sangue materno e nel sangue di cordone, coincide con quello dello studio sull’infertilità (ERa, ERß, AR, AhR, PPAR? e PXR).
Lo studio satellite sull’esposizione transgenerazionale ha mirato a valutare il trasferimento madre-neonato di IE in situazioni di gravidanza "fisiologica", con parto nella norma e il bambino nato in perfetto stato di salute. Pertanto non possono essere tratte conclusioni su un eventuale ruolo delle sostanze indagate nei problemi della gravidanza, ma si offre in tal modo "una fotografia" della situazione reale da considerare come situazione nella norma e dunque rappresenta lo stato di "background" o controllo.

Tuttavia non può essere trascurato che in gravidanze del tutto prive di problemi, erano presenti livelli di IE definiti "non persistenti", come il MEHP ed il BPA, di alcuni muschi e di p-NP nel sangue del neonato, con incremento di espressione di AR rispetto alla madre. In particolare risalta il consistente passaggio transplacentare di MEHP, con valori comparabili fra madre e neonato.
Questo dato suggerisce un’esposizione ambientale diffusa, ripetuta e/o continua e deve essere valutato con qualche preoccupazione alla luce dei dati sperimentali sugli effetti a lungo termine di questi IE sul "programming" endocrino-metabolico.

Infine, le molteplici attività di diffusione e disseminazione degli obiettivi, modelli e risultati di di PREVIENI, in primo luogo attraverso l’area tematica dedicata nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità (http://www.iss.it/prvn/), con logo creato appositamente e diffusione di una Newsletter, hanno completato e affiancano le attività sperimentali del progetto.

Nel complesso i risultati del progetto PREVIENI sulla presenza di IE negli ecosistemi e nella popolazione umana mediante l’esame di aree pilota danno indicazioni riguardanti:
- l’ulteriore messa a punto del modello di studio integrato (chimica analitica/eco tossicologia/tossicologia/medicina umana) sviluppato dal progetto per la valutazione del rischio nel campo "ambiente-salute". In particolare, è importante rafforzare ed ottimizzare l’integrazione fra biomarcatori di esposizione e di effetto: il pannello di recettori nucleari misurati nei leucociti potrebbe essere ottimizzato per la valutazione del rischio endocrino-riproduttivo in popolazioni esposte a IE
- l’attuazione di un sistema di sorveglianza degli ambienti naturali, utilizzando una efficiente, ristretta selezione di organismi sentinella e focalizzandosi su contaminanti ambientali emergenti, in primo luogo IPA, ma anche MEHP e PBDE; 
- la valutazione del possibile inserimento di IE emergenti identificati come prioritari da PREVIENI per la diffusa esposizione umana (PFOS, DEHP/MEHP e BPA) in piani di monitoraggio dell’ambiente e degli alimenti, nonché di azioni (ad es., programmi per la sostituzione di IE utilizzati in prodotti di consumo) mirate a limitare tale esposizione;
- la presenza di IE nelle coppie madre-neonato segnala in maniera non equivoca il trasferimento della contaminazione da una generazione alla successiva, mostra la necessità di adottare misure che limitino l’esposizione della donna in età fertile, tra cui lo sviluppo di una più efficace comunicazione del rischio. In questo senso, PREVIENI ha anche contribuito allo sviluppo di concetti innovativi nella valutazione del rischio tossicologico, quali la "sicurezza alimentare sostenibile", il complesso di misure riguardanti la sicurezza degli alimenti specificamente rivolte alla tutela delle generazioni future.


Conclusioni generali e raccomandazioni

I risultati di PREVIENI permettono, attraverso una lettura integrata, di identificare priorità e formulare raccomandazioni.

Lo studio su organismi sentinella ha dimostrato una presenza diffusa di IE anche quelli non persistenti negli animali sentinella delle aree protette; tuttavia i livelli di IE si mantengano molto bassi e le risposte dei biomarcatori di dose efficace diano complessivamente un panorama tale da ritenere in salute l’ambiente naturale. I livelli di IE e i relativi biomarcatori misurati da PREVIENI nelle specie selvatiche rappresentano valori associabili ad uno stato di background espositivo, offrendo un contributo inedito alla definizione di valori di riferimento in campo ambientale. I dati indicano infine l’opportunità di una maggiore attenzione verso due gruppi di contaminanti non normati, PBDE e IPA.

Analogamente nello Studio sull’infertilità umana, i livelli di IE emergenti misurati da PREVIENI negli individui fertili rappresentano valori di riferimento di esposizione per la popolazione generale in relazione all’area geografica. L’influenza dell’ambiente di vita si conferma anche nella valutazione dei dati di esposizione riscontrati nella popolazione infertile, infatti il grande centro urbano (Roma) mostra un’esposizione diffusa e maggiore chenei soggetti sani e nei soggetti infertilidnegli altri siti a PFOS, MEHP e BPA (identificati quindi come contaminanti di rilievo prioritario in relazione all’infertilità); i dati indicano inoltre una differenza di genere (esposizione maggiore nella donna che nell’uomo) correlata allo stato d’infertilità. Gli incrementi di espressione dei biomarker di dose efficace erano paralleli ai biomarker di esposizione, indicandono la validità di un approccio integrato per la valutazione del rischio e la prevenzione a livello di popolazione.

Un’attenzione specifica è stata data ad alcune patologie di interesse sociale determinanti uno stato d’infertilità della donna, quali endometriosi e infertilità sine causa. Questi sottogruppi hanno mostrato un coinvolgimento di PFOS/PFOA e del BPA e la correlazione significativa con l’espressione dei recettori nucleari implicati nel meccanismo d’azione di tali IE.

I siti di Ferrara (medio centro urbano) e Basso Lazio (agricoltura intensiva) presentano un quadro espositivo (ed anche valori assoluti) completamente diverso dal grande centro urbano ma comparabile tra di loro, in generale con valori di IE minori e non correlati allo stato di infertilità. Tuttavia appaiono essere soggetti a una maggiore esposizione puntiforme, come testimoniato dalla maggiore presenza di PFOA nei due siti, presumibilmente legata in maniera specifica ad attività lavorative (pratiche agricole) o ambientali (scarichi del Po).

Lo studio satellite sull’esposizione transgenerazionale ha mirato a valutare il trasferimento madre-neonato di interferenti endocrini in situazioni di gravidanza "fisiologica", con parto nella norma e il bambino nato in perfetto stato di salute. Pertanto non possono essere tratte conclusioni su un eventuale ruolo delle sostanze indagate nei problemi della gravidanza, ma si offre in tal modo "una fotografia" della situazione reale da considerare come situazione nella norma e dunque rappresenta lo stato di "background" o controllo.
Tuttavia non può essere in alcun modo trascurato che in gravidanze del tutto priva di problemi, erano presenti livelli significativi di IE definiti "non persistenti", come il MEHP ed il BPA sia nella madre che nel bambino e in quest’ultimo i valori di espressione di AR, recettore implicato nel meccanismo di azione di tali IE, erano statisticamente maggiori. Questo dato suggerisce un’esposizione ambientale diffusa e continua e deve essere valutato con qualche preoccupazione alla luce dei dati sperimentali sugli effetti a lungo termine di questi IE sul "programming" endocrino-metabolico.

PREVIENI indica alcune priorità negli sviluppi futuri riguardanti l’esposizione degli ecosistemi e l’esposizione umana, applicando il modello di studio disegnato e sviluppato dal progetto. Di particolare rilevo risultano l’utilizzo di animali sentinella; il biomonitoraggio umano di altri IE emergenti, tra quelli indicati dal REACH e dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, quali ritardanti di fiamma e parabeni; l’uso edel biomonitoraggio per valutare il rischio associato all’esposizione prenatale a IE, soprattutto in relazione a patologie neonatali, quali basso peso alla nascità e/o prematurità, che possono avere effetti ritardati e a lungo termine sulla salute del neonato.

 


Ultimo aggiornamento 26.09.2013